Relitto G4, Punta Ala (GR)

Il G4 o Despina, città del desiderio

La città, per Calvino, è multiforme quanto possono esserlo i desideri e gli sguardi che la percorrono ed abitano. Da subacquei, siamo viandanti che attraversano più o meno furtivamente strade e palazzi di altre creature. Ogni relitto o scogliera è un’Atlantide che muta a seconda degli esseri che ci vivono e di com’è per loro il mondo. Il relitto G4 è una delle tante città invisibili che vivono sotto il nostro sguardo, e che noi cerchiamo di immortalare e rendere oggettive attraverso un obbiettivo fotografico o i ricordi di vecchie avventure. Come Despina, una delle città del desiderio che Marco Polo descrive al saggio Kublai Khan, il relitto si presenta differente “a chi viene da terra e a chi dal mare”.

La vita bentonica del relitto G4

Adagiato su un fondale limaccioso a 26 metri di profondità, il relitto del G4 appare un solido rifugio per tutti quegli organismi in cerca di un anfratto nel quale nascondersi o di un substrato duro sul quale crescere. Come un’oasi di stabilità in un deserto di fango in continuo movimento, il G4 è un punto di aggregazione per tutta quella vita sessile che siamo abituati ad incontrare sulle scogliere sommerse.

relitto G4
Un Dondice (Dondice banyulensis) osservato da un subacqueo.

Il relitto è ricoperto da limo, alghe filamentose ed idrozoi; numerose sono le specie di opistobranchi (Flabellina affinis, F. babai e F. ischitana, Felimare picta, Cratena peregrina e Dondice banyulensis) e di crostacei (Galathea strigosa, Homarus gammarus, Palinurus elephas, Macropodia sp.) che ci vivono. Nella parte più superficiale si sono insediate grandi colonie di Claodocora caespitosa e Reteporella sp.. Invece, sulla parte bassa del relitto, vicino al fondo, colonie di Leptogorgia sarmentosa, gorgoniaceo che predilige le acque ricche di sedimento. Nel tempo, sulle strutture metalliche, sono anche cresciute diverse ostriche (Ostrea edulis) e spugne (probabilmente Aplysina sp. e Axinellae sp.).

La vita pelagica sul G4

Acquattato sul fondo del Golfo di Follonica, per uno strano giro di correnti e venti che alzano o abbassano il sipario sulle sue forme, si nasconde agli occhi abituati a scrutare in lontananza nelle acque limpide. Per chi è alieno a questo mondo, e lo raggiunge tenendosi aggrappato ad una sottile cima con nugoli di bolle al séguito, la carcassa di questa vecchia nave si nasconde sotto un velo di polvere che si impone alla vista giusto al di sopra del battello. Paradossalmente, sorvolandolo dal Blu, se ne ha una visione panoramica migliore che nuotandoci vicino. Per chi è a tutti gli effetti un abitante del mare, le ombre e la sagoma dello scafo sono enormi paraventi dietro ai quali nascondersi. Lì si può trovare riparo dalle battute di caccia dei grandi pesci pelagici o dalle mattiniere sommozzate avide dei delfini.

relitto G4
Allitterati (Euthynnus alletteratus) in caccia si dirigono verso le castagnole (Chromis chromis), gli zerri (Spicara smaris) ed i sugarelli (Trachurus trachurus) assiepati intorno alla prua del G4 e la cima d’ormeggio.

Per quel che riguarda la classe dei vertebrati, sul relitto ritroviamo tutte e tre le specie di Scorpaena (S. scrofa, S. porcus e S. notata), bavose bianche (Parablennius rouxi) ed un grosso gronco (Conger conger) che vive all’interno dello scafo. Nella colonna d’acqua possiamo incontrare, oltre le precedentemente citate specie, anche occhiate (Oblada melanura), saraghi (Diplodus sp.), tordi (Symphodus sp.) ed anthias (Anthias anthias), pronti a rifugiarsi tra le lamiere all’arrivo dei subacquei. Tombarelli (Auxis thazard), ricciole (Seriola dumerili), palamite (Sarda sarda) e piccole lecce (Lichia amia) possono essere incontrate occasionalmente intorno al relitto a caccia di qualche preda. In questa zona, la mattina presto, cacciano anche i tursiopi (Tursiops truncatus). I fondali sabbiosi intorno ai 30 metri sono tra le loro zone di pesca preferite, e grazie alla capacità di ecolocalizzazione la torbidità dell’acqua non è un problema per i loro sensi.

Come Despina, queste paratìe sono vere e proprie “città di confine tra due deserti” – quello delle immensità sabbiose o del mare aperto. Gli zerri o i dondici le vedono infatti a seconda del deserto da cui provengono: cortine di fumo o solide fondamenta.

Storia del relitto G4

Anche dal punto di vista storico il chiasmo degli opposti sembra essere il cuore del relitto G4. Nata come peschereccio oceanico giapponese, questa barca divenne per la Regia Marina Italiana un mediterraneo dragamine. Questa nave faceva parte di un gruppo di 47 pescherecci oceanici, prodotti tra il 1911 ed il 1912, che costituiranno la classe di vedette-dragamine “G”.

relitto G4
I resti di ciò che probabilmente era l’accesso alla sala macchine.

L’impiego delle mine marine per chiudere al transito militare e mercantile tratti di mare travolse la tattica militare. Le mine furono infatti una delle innovazioni tecniche marittime più importanti della Prima Guerra Mondiale. A fronte di questa trasformazione del modo di condurre le operazioni navali le navi G vennero acquistate nel 1916 dalla Regia Marina. Entrarono in servizio solo nel 1917.

Avevano un dislocamento compreso tra le 270 e le 470 tonnellate, motori a vapore e scafo in acciaio. La prua era stata progettata perpendicolare alla chiglia per renderli più sicuri durante le battute di pesca nelle tempeste del Pacifico. Potevano raggiungere velocità comprese tra i 10 e i 13 nodi mentre l’armamento era composto da 2 pezzi da 76/40 e due da 13,2. Alla fine della guerra le unità sopravvissute vennero in parte vendute e riconvertite, mentre altre mantenute in servizio militare fino alla Seconda Guerra Mondiale.

Il suo naufragio è altresì misterioso ed un condensato di contrari. Quando si inabissò, il 29 agosto 1918, era una nave da guerra, speronata dal mercantile inglese Cyrcle? O era già tornata a fare il peschereccio ed incappò in una mina inesplosa?

Nel centenario dell’affondamento, festeggiamo allora il suo battesimo (dal greco “immersione”) alla vita: la fondazione di una nuova città invisibile. Potremo così davvero donarle il nome di Despina, la nave oceanica da pesca. Figlia di Demetra, dea dell’agricoltura e dei raccolti, e di Poseidone, dio del mare il G4 continua ad essere vivo.

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