Il corallo nero ed i suoi segreti

Il corallo nero nasconde ancora molti segreti:
le ultime osservazioni riguardano l’associazione del corallo con un curioso animaletto

Il mare nasconde mille segreti, è cosa risaputa. Alcuni di essi, la minima parte, vengono man mano a galla. Una delle ultime scoperte riguarda il corallo nero (Antipathella subpinnata) e la sua relazione con un platelminte – un verme piatto – descritto per la prima volta in un recente studio.

Il corallo nero

Il corallo nero vive tra i 53 ed i 500 metri, tanto nel Mediterraneo che in Atlantico. Esso può creare praterie o vivere in piccoli gruppi. La conformazione con cui crescono le colonie, inoltre, forma una struttura tridimensionale (alta anche un metro e mezzo) sul fondale roccioso: da un lato crea così un rifugio per diverse specie di pesci, dall’altro funge nelle sue parti morte da substrato per spugne, brioozoi, ascidie e molluschi. Le colonie di corallo nero sono quindi un importante hot-spot di biodiversità. Ma quanto ne sappiamo davvero?

Negli ultimi dieci anni sono state svolte diverse esplorazioni di queste foreste di corallo, alcune in immersione, altre con i ROV. Per lo studio sulla relazione tra il corallo nero e questo platelminte osservato per la prima volta – Anthoplana antipathellae – sono stati analizzati 32 banchi di corallo (solo lungo le coste italiane) ma molti altri potrebbero essere quelli ancora da scoprire.

Il platelminte

Il verme piatto oggetto dello studio ha una particolare colorazione grigio-biancastra sul dorso e bruna sulla parte ventrale. La dimensione degli individui osservati varia tra i 5 ed i 50 mm. Sul ventre si apre la bocca, mentre sono presenti su ogni individuo gli organi sessuali di entrambi i sessi e gli occhi sono in numero variabile a seconda della lunghezza.

Una delle particolarità di questi animali, tuttavia, è il loro adattamento coevolutivo al corallo nero, tra cui la capacità di deporre le uova ad anello intorno ai rami dello cnidario.

Le uova e la riproduzione

Gli anelli di uova appaiono in primavera (aprile o maggio) e si possono osservare fino all’autunno, con un picco probabile in estate. Come tante ciambelle su uno spiedino, le uova vengono deposte già fertilizzate, quindi si inspessiscono in seguito allo sviluppo embrionale ed infine si schiudono. Fintanto che si stanno sviluppando altri organismi non vi crescono sopra ma, una volta nate le larve, i resti induriti delle capsule vengono ricoperti, anche dal tessuto ed i polipi del corallo nero stesso.

In ogni anello di uova sono stimate esserci più di 600 uova e sulla stessa colonia di corallo possono essere viste uova in diversi stadi di sviluppo.

L’associazione simbiotica

Le simbiosi hanno anche le loro spine. In questo caso, i platelminti probabilmente si nutrono del tessuto del corallo nero, scoprendone lo scheletro. Per questo preferiscono i rami intermedi: non quelli principali ma neppure quelli troppo sottili su cui depongono piuttosto le uova. Il fatto che la loro colorazione li renda identici ed indistinguibili dalla superficie su cui vivono, e che abbiano sviluppato strutture riproduttive così particolari da fargli deporre uova ad anello, fa pensare che ci troviamo di fronte ad un importante fenomeno di coevoluzione. Perfino il loro dorso si è probabilmente adattato per resistere ai tentacoli urticanti del corallo che, suo malgrado, li ospita.

Inoltre, sembra che nè la profondità, nè le caratteristiche dell’ambiente influenzino la presenza del platelminte. Non importa se ci sia corrente e colonie fitte o piccoli gruppi di corallo in un ambiente ad alta sedimentazione: dove c’è il corallo nero i platelminti prosperano e si riproducono, con le loro 60.000 uova per colonia di corallo.

Ma è davvero così?

Come tutte le cose, non basta un primo fugace sguardo per comprendere cosa avviene nella complessità di una relazione tra esseri viventi. E se le rigide teche delle uova, una volta ricoperte dal nuovo tessuto del corallo nero, avessero un qualche ruolo nella trasformazione e nel rafforzamento della struttura stessa del corallo? E se il corallo ne traesse qualche vantaggio che al momento sfugge a chi osserva?

Questi ambienti, ed altri simili, hanno ancora molto da raccontare, anche se rischiamo di perderli prima ancora di averli sfiorati. Mancano ancora molti tasselli. Perché allora non tuffarsi e continuare l’esplorazione?

Per approfondire:

First record of a symbiotic relationship between a polyclad
and a black coral with description of Anthoplana antipathellae gen.
et sp. nov. (Acotylea, Notoplanidae) – Bo M, Bavestrello G, Di Muzio G, Canese S, Betti F – Marine Biodiversity 2019 vol: 49 (6) pp: 2549-2570

Altre segnalazioni:

L’articolo scientifico citato contiene diverse illustrazioni fatte da Giorgia di Muzio. Altri suoi lavori possono essere osservati sul suo sito web.

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